DONNE, VIOLENZA E VICTIM BLAMING: ORRORI DEL PASSATO? NO, È UN PRESENTE CHE NON BISOGNA PIÙ GIUSTIFICARE.

Il 2020 è sicuramente un anno molto particolare, un anno nel quale tutti, nel bene o nel male, ci siamo fermati a pensare, ci siamo dovuti allontanare dalla nostra famiglia e dai nostri amici, abbiamo dovuto mettere in stand by le nostre frenetiche vite e iniziare a concepire altri concetti di vita.

C’è chi ha passato i mesi di quarantena in casa da solo, chi con la famiglia, chi con gli amici, ma c’è anche chi ha passato il lockdown dentro una vera e propria gabbia, una gabbia arredata da violenza, rabbia, disperazione.

Purtroppo la casa non è sempre un luogo sicuro per tutti; c’è chi la vive come se fosse un vero e proprio inferno.

Dal report della Polizia di Stato aggiornato al 2019 si parla di 88 vittime al giorno, una donna ogni 15 minuti.

Una donna ogni 15 minuti subisce una qualche forma di violenza fisica o sessuale.

Sono dati al dir poco allarmanti, che dovrebbero portare ad una serissima riflessione a livello giurisdizionale.

Ma a che punto siamo culturalmente in Italia? Che percezione abbiamo di questo fenomeno? E soprattutto lo Stato cosa sta facendo per contrastare questo orrendo fenomeno?

L’orologio va avanti, ma l’Italia torna miserabilmente indietro, si pensi al Family Day, manifestazione che svilisce il ruolo della donna a mera massaia, il cui unico scopo è curare la famiglia e la casa. Una rappresentazione che fa venire i brividi e che descrive la realtà di qualche decina di anni fa.

Sembra ci sia un tentativo di tornare indietro nel tempo, giustificato da un voler difendere la classica idea di famiglia che l’italiano ha; ma in realtà non si fa altro che sminuire i diritti che, faticosamente, le donne si sono conquistate negli anni.

In Italia, quando si parla di violenza sulle donne si sentono molto spesso delle giustificazioni all’atto violento: “eh ma è un bravo ragazzo, avrà perso per un attimo il controllo”, “eh ma lei che ha fatto? Non è che dietro c’è un  tradimento?”, “Si ma lei com’era vestita? Se mette la minigonna cosa pretende”, “eh ma lei è andata a casa del ragazzo, è entrata nella tana del lupo, cosa si aspettava?”, “eh ma gli uomini sono così, sono istintivi, quando c’entra il sesso non capiscono più nulla”.

Queste sono solo alcune delle frasi che si sentono dire quando esce una notizia di femminicidio o comunque di violenza su una donna. E la cosa peggiore è che spesso a pronunciare queste frasi sono proprio delle donne. Donne che vanno contro i loro stessi diritti, donne che invece di unirsi e contrastare questo fenomeno decidono di schierarsi dalla parte di chi potrebbe fare la stessa cosa a loro.

È un paradosso, forse uno dei più grandi paradossi, ma gli avvenimenti delle ultime settimane  ci confermano quanto detto.

Poi c’è un’altra corrente di pensiero, che minimizza, che si lamenta del fatto che di questo argomento se ne parli troppo: ” ci sono anche altri tipi di violenza, ci sono anche altre categorie da proteggere, ci sono anche uomini che subiscono violenza”.

Tutto giusto, tutto vero, tutto sacrosanto, ma i numeri che riguardano la violenza sulle donne sono agghiaccianti.

Secondo l’Istat una donna su tre, durante il ciclo di vita, ha subito una violenza. Il 38,8% degli omicidi corrisponde ad un femminicidio, nel 65% dei casi il femminicidio avviene tra le mura domestiche ad opera del compagno.

In Italia, nel complesso, il numero di casi di omicidio sta calando, mentre il numero di casi di femminicidio è un fenomeno in rapida ascesa. Si parla di quasi 7 milioni di donne, tra i 16 e i 70 anni, che nella loro vita hanno avuto esperienza di violenza fisica o sessuale.

La violenza di genere è un fenomeno strutturale e culturale molto diffuso, soprattutto a causa della cattiva comunicazione che spesso viene fuori.

 

Non esistono giustificazioni di alcun genere quando si tratta di atti di violenza, non esistono se e non esistono ma; deve esistere soltanto la denuncia e divulgazione di tali fatti affinchè non diventino normalità.

 

Denuncia è la parola che spaventa di più la vittima, in una società civile sarebbe norma denunciare un abuso e ricevere risposte immediate. Ma spesso purtroppo non è così. Oltre al danno la beffa, eh si perchè la vittima è vittima tre volte: la prima a causa della violenza maschile, la seconda a causa della comunità che colpevolizza la donna sostanzialmente del fatto di essere donna e quindi non poter godere dei diritti fondamentali di una società e per ultimo è vittima della legge: lenta, spesso non equa e maschilista anch’essa.

Cosa fa lo Stato per le vittime di violenza? Non abbastanza, visto che il Comitato dei Ministri D’Europa ha bocciato l’Italia, ritenuta responsabile di non facilitare l’accesso alla giustizia per le donne vittime di violenza.

L’Italia entro il 31 Marzo 2021 dovrà fornire le informazioni sulle misure adottate per rafforzare il sistema di giustizia in merito. Siamo stati chiamati a comunicare e sensibilizzare di più su questo tema e a garantire più centri accoglienza per le vittime.

Da questo scenario ne deriva che tutti gli uomini sono violenti o stalker? No, assolutamente no, da questo scenario si evince che la violenza sulle donne è argomento tutt’altro che scontato o ripetitivo, è un argomento di cui si deve parlare, sempre e non soltanto oggi che ne è la giornata mondiale.

A tal proposito #iovivolasclerosimultipla, associazione no profit che si occupa di sfatare i tanti falsi miti e pregiudizi sulla sclerosi multipla, in collaborazione con l’agenzia di comunicazione Flo Factory ha deciso di parlare anche di violenza sulle donne.

Lo hanno fatto con la campagna pubblicitaria ” TI AMO DA MORIRE”, perché ognuno di noi dovrebbe, nel suo piccolo, fare qualcosa, dire qualcosa, collaborare affinché se ne parli, si distruggano i vari tabù secondo i quali una donna non deve denunciare una violenza, di qualunque forma essa sia.

E perché questa associazione è stata creata da due donne, di cui una vive la sclerosi multipla, che insieme hanno deciso di comunicare una malattia quasi del tutto sconosciuta in maniera del tutto diversa dal solito: con ironia.

 

Questa associazione si pone come obiettivo primario quello di comunicare la malattia, informare su cosa davvero sia la sclerosi multipla, sfatare i tanti pregiudizi che le girano attorno. E chi meglio di chi la vive può comunicarlo? Pensiamo che sia giusto far parlare chi vive la sclerosi multipla, perché si ha bisogno di nuovi punti di vista, nuovi orizzonti da esplorare, bisogna dare una nuova chiave di lettura a questa malattia, da sempre vista solo e soltanto come la “malattia della sedia a rotelle”. Il secondo obiettivo è sicuramente quello di raccogliere fondi per la ricerca scientifica.

L’associazione è stata fondata un anno e mezzo fa, il lancio è stato fatto ad Amici di Maria De Filippi, dove abbiamo portato una ragazza ballerina che vive la sclerosi multipla, l’abbiamo fatta esibire e solo dopo abbiamo svelato della malattia. Questo per far capire alle persone, che oggi, grazie alla ricerca scientifica, con questa malattia si può vivere una vita normale.

Un’associazione tutta al femminile che ogni giorno si impegna a sconfiggere pregiudizi e difficoltà sul lavoro, date anche da una disparità di genere non indifferente.

 

Essere una giovane donna a capo di un’azienda è qualcosa che l’Italia non ha ancora accettato.

 

L’essere donna vuol dire fare il doppio della fatica nell’emergere nel lavoro, essere donna vuol dire, nella maggior parte dei casi, non avere credibilità. Essere donna vuol dire accettare un appuntamento di lavoro e trovarsi ad una cena galante senza saperlo, essere donna vuol dire ricevere messaggi sconci da clienti o potenziali tali, essere donna vuol dire dover accettare quel maschilismo sottile che aleggia in quasi tutti gli uffici, essere donna vuol dire avere un salario minore di un uomo a pari livello lavorativo, essere donna vuol dire essere quasi sempre vista come l’incompetente di turno che non viene presa davvero sul serio.

Eppure siamo preparati, eppure dovremmo essere andati avanti culturalmente, la tecnologia ci ha aiutati, internet è un oceano da dove attingere a tantissime informazioni, dovrebbe essere un mezzo che ci porta in avanti, e invece siamo ancora ancorati all’idea che una giovane donna non possa stare a capo di un’azienda o un’agenzia perché di conseguenza non è competente. Non è competente e credibile solo perché è, appunto, una giovane donna.

Chiediamocelo, e cerchiamo di non creare delle giustificazioni, perché non ne esistono.

Quando parliamo di violenza pensiamo subito a quella fisica e sessuale, ma esiste la violenza verbale, quella psicologica, che attanaglia tantissime donne, quella violenza che mette il bavaglio e non lascia respirare la vittima.

Di tutte queste violenze bisogna parlare, perché condividere è importante affinché ognuna prenda il coraggio di denunciare e ricominciare a vivere.